Crediamo che sia davvero importante raccontare le storie delle persone che hanno fatto esperienze così diverse dalle nostre. Spesso dialogare con loro ci apre prospettive nuove, impensabili, diverse ed estranee e dunque comparative su ciò che ci è vicino, quotidiano, familiare. Mamadou è un migrante e la sua è una storia travagliata e difficile fatta di guerre, violenze e traumi. Come la sua, ce ne sono migliaia di altre. Raccontarle e condividerle è il modo migliore per vincere quella barriera di indifferenza e sospetto che troppo spesso innalziamo nei confronti dell’Altro.
Per questo Mondo Aperto ha collaborato alla realizzazione di questo progetto video realizzato nell’ambito del XXI Festival Musica e Suoni 2021- Sarzana.
filmed by Nicolò Puppo
con Mamadou T. Diakite
“oceano mare” letto da Giovanni Berretta
curatela di Orianna Fregosi
musiche: “a forest” di Alva Noto e “prayer” di Keaton Henson
con la collaborazione di Cooperativa Mondo Aperto
[…] Ma cosa succede quando quella disperazione diventa forza primordiale per raggiugere i propri desideri? Quel desiderio primariamente di salvezza e poi di riscatto, di rinascita.
“Sono i desideri che salvano” narra, in chiave quasi onirica, la storia di Mamadou, giovane ragazzo del Mali giunto in Italia nel 2016 in seguito allo scoppio della guerra civile nel suo paese. Mamadou in quella terra, la sua terra – casa e luogo delle radici – ha perso gran parte della sua famiglia: il fratello, la sorella ed in fine il padre. Della madre e gli altri fratelli, fuggiti in Costa D’Avorio, ha perso le tracce.
Lo sguardo di Nicolò Puppo, autore del video, si sofferma sul suo corpo e sull’acqua che lo avvolge.
In acqua siamo tutti uguali, fin dai primi giorni di vita siamo immersi nell’acqua – acqua fonte di vita, purificazione, nuovo inizio. Ed è qui che, guardando il nostro giovane uomo, ci ritroviamo.
Il suo punto di vista diventa il nostro punto di vista e la sua storia diventa la nostra storia.
Una storia raccontata come rapporto a due – il mare e l’uomo – mare madre matrigna, ma anche sollievo dalla sofferenza. I suoni che nelle immagini si susseguono sono a tratti ovattati ed è come se per un momento il dolore fosse attutito, lontano, quasi dimenticato. Ma certi dolori non possono dimenticarsi, neanche le onde e il mare con la sua potenza possono spazzarli via. Le voci, elemento corale e unitario, si sovrastano, si mescolano e infine spariscono inghiottite dal mare.
Il viaggio di Mamadou è il viaggio di tutti noi. Un viaggio di speranza, possibilità altra. Ci accomuna tutti il suo percorso in mare – mare, distesa d’acqua di cui non si scorgono i confini, luogo di nuove rotte umane che noi stessi attraversiamo.
E se il mare diventasse quindi quel luogo del navigare assieme?
Spazio – Opportunità nel quale trovare e ritrovarsi in nuove e sconfinate possibilità di vita.
Mare – luogo necessario, terreno comune che ci unisce agli altri umani.
Mare che diventa oceano, in cui le rotte umane sono più importanti delle frontiere”.